E’ iniziato, confesso, come uno scherzo. Sapete com’è, Quella leggendaria fortuna di Andrea con gli animali ti va venire un tale nervoso
!!!! Mentre noi mortali comuni passiamo giorni di appostamento in bianco, gioendo per ogni più fievole e lontano accenno di pelo o di penna, basta che fa cento metri in macchina lungo la strada fuori casa sua e gli casca addosso mezzo mondo. E si mette in posa per la foto pure! Ahimé, bisogna portare pazienza.
Così camminando ho cominciato a giocare... teniamo gli occhi ben aperti, parliamo piano, non si sa mai. Sorridendo fra me e me e sentendomi già soddisfatta della lepre che abbiamo incrociato non molto dopo l’alba.
(foto di Andrea)
Il freddo mi ha trovata impreparata dopo il caldo asfissiante dei giorni precedenti e il tempo non dava chiaro segno delle sue intenzioni, in bilico fra sole e nubi nere che apparivano all’improvviso da dove meno si aspettava, per poi ritirarsi di nuovo con giochi spettacolari di luce e ombra.
Eravamo in tre, ma eravamo anche molti di più, perché portavamo con noi anche chi ha dovuto andare via prima. Così quando siamo arrivati all’ultima salita, più ripida e faticosa per il pietrame instabile sotto i piedi, era con gli occhi sbarrati di Marco che abbiamo guardato i miriadi di fossili che spiccavano in praticamente ogni pietra, ogni sasso e ogni roccia.
E poi? E poi ancora sorridendo fra me e me al bel gioco, ho detto le parole magiche. “Ehi, ma guardate che non c’è bisogna di parlare piano, tanto non vedremo nulla qui, il sentiero è molto troppo frequentato”. Mentre parlavo, ho notato che Andrea stava fissando un mucchio di rocce in lontananza con uno sguardo strano. Capita
. “Dai vieni, il tempo sta peggiorando…”. Testardo questo, mica si muove! “Cosa? Un ungulato? Ma DAI!!! Stavo solo scherzando…!”.
OK, OK. Macchina fotografica, duplicatore, obiettivo, treppiede pure… solo per guardare un mucchio di roccia. Io e Betty ci guardiamo. Mbeh, facciamolo felice. Lo è! Lo è? Ma no!!! Guardiamo anche noi? Va bene, va bene, guardiamo anche noi.
E lo è veramente…!
Eh sì, è davvero… un camoscio!!!!! E’ rimasto a guardarci tranquillamente, ben consapevole della nostra presenza, mentre facevamo scatto dopo scatto. E tale era la confusione di macchine fotografiche, obiettivi, attrezzatura varia, mani e occhi che anche volendo non saprei dire chi ha scattato la foto sopra. Le foto sono semplicemente “nostre”, anche di chi ci ha accompagnato solo idealmente, senza che quel fastidioso “io” si mette in mezzo per inquinare l’amicizia con uno spirito di competizione fuori luogo.
Dopo non so quanto tempo (perché in certi momenti i minuti non si contano), un passo in troppo ha messo in allarme il camoscio che si è alzato e si è allontanato senza fretta con una serie di piccole corse, salti e pause, sparendo in alto dietro la cima della montagna.
E infreddoliti, felici e emozionantissimi, l’abbiamo seguito ben più lentamente, per arrivare alla nostra destinazione, la conca delle Murelle, insieme alle nuvole e qualche goccia di pioggia ghiacciata.
La strada di ritorno? La lascio a voi. Vorrei rimanere qui su un altro po’, intrecciandomi una coperta di nuvole e dissetandomi con fiori di ghiaccio. Forte della consapevolezza della mia propria fragilità. Sentirmi sola? Mai poi mai. Come potrei, con il cuore che si apre per far spazio al mondo intero!
(foto di Andrea)