Ieri in compagnia di tre "amici della spiaggia", sono tornata fra i monti della Tolfa, una fascia di colline qualche chilometro dietro il litorale laziale fra roccia, pascoli aridi, boscaglia, macchia mediterranea e ruscelli. L'idea originale è stata di fare una bella camminata rinvigorente (sole battente, temperature sopra il 30°, umidità sgocciolante) di sei ore o lì intorno, su e giù fra i boschi e pascoli, ma fra un ritardo di partenza, un cane in surriscaldamento e impegni di lavoro, la camminata di gruppo si è ridotta ad un paio di chilometri su e giù una collinetta profumatissima di lentisco con il mare sull'orizzonte in lontananza, appena visibile attraverso la foschia del caldo.
(foto di Simone Ceccobelli)
(foto di Simone Ceccobelli)
Usciti dalla verde sempre vibrante della macchia, il paesaggio intorno era brullo, un quadro dipinto in toni di seppia, dalla vegetazione fino ai suoi abitanti, come questa Mutillidae,
Ronisia brutia.
Tornati giù dalla collinetta, il gruppo si è diviso e in compagnia di Simone sono tornata al fiume raffigurato
in questo post, ben diverso però da quando l'ho visitato in marzo, il suo corso precipitoso ridotto ad un dolce ruscelletto e l'acqua chiara e limpida inverdita e addensata... insomma, tutto come dovrebbe essere nel girare regolare delle stagioni.
Avevamo una mezz'intenzione di continuare la passeggiata con passo vigoroso, invece ci siamo lasciati sedurre da grappoli generosi di more le dimensioni di piccole prugne e il mormorio persuasivo del ruscello che chiacchierava languidamente con le rocce. Poi non mancavano le conferme che l'acqua è la fonte della vita e guai a chi lo dimentica! La prima delle creature del ruscello di attirare la nostra attenzione era questa piccola rana. Non trovo le rane facili da distinguere, ma istintivamente direi
Rana italica, anche in base all'habitat.
Un altro predatore del fiume ma di forma e natura ben diverse è lo zigottero
Calopteryx haemorrhoidalis, presenti in grandi numeri, ogni con il suo proprio territorio e il suo posatoio prediletto che difendeva con spirito... al punto che quando ho preso in prestito la roccia posatoio del Calopteryx raffigurato sotto per scattare qualche foto, lui si è messo a svolazzarmi intorno visibilmente alterato! Eccolo in un momento meno ansiogeno...
Ad un certo punto, è arrivato nel suo "giardino" una femmina dall'aspetto avvincente. Non appena si era posata, il maschio ha cominciato un corteggiamento spettacolare, svolazzando intorno a lei ripetutamente, curvando l'addome per mostrarle lo specchio rosso sul lato inferiore (origine del nome "haemorrhoidalis"). Purtroppo tutto è successo in fretta e non sono riuscita ad immortalare il momento come meritava, ma anche se tecnicamente "fallita", questa foto mi piace e riesce comunque a comunicare qualcosa della scena.
Dopo qualche giro, il maschio si è avvicinato e si è agganciato alla femmina, aggrappandola dietro la nuca, e insieme hanno preso volo, riposandosi su una roccia vicina dove, dopo non pochi sforzi, la femmina è riuscita a sua volta ad agganciarsi al maschio formando un cuore.
La roccia non era facilmente accessibile e la mia premura era di non disturbare la felice coppia, quindi le mie foto dell'accoppiamento non sono ben riuscite, aggiungo però quest'altra che nonostante il fatto che la femmina è uscita mossa, dimostra bene lo specchio rosso del maschio.
A questo punto, abbiamo notato ciò che a prima vista assomigliava delle gocce di mercurio in isterismo di massa. Con un diametro di più o meno 5 mm e senza nemmeno un attimo di sosta, ci ha voluto un bel po' prima di riuscire a capire che si trattassero di piccoli coleotteri (determinati successivamente in altra sede come Gyrinidae, nome azzeccatissimo!). Impossibile farne una foto decente, l'unico modo era di sparare al gruppo nella speranza di prenderne uno più o meno a fuoco. Alla fine era più meno che più...
Tutto sommato però, la foto che mi piace di più e questa che ben trasmette il senso di dinamismo della scena...
Mentre Simone si è impegnato in uno studio approfondito degli effetti della forza di gravità sul corpo umano supino...
... la zingara irrequieta si è messa a lavoro per "catturare" i ragni che hanno steso le loro ragnatele pochi centimetri dal pelo dell'acqua. Direi con quasi certezza che sono Tetragnathidae e non credo di sbagliarmi di molto se azzardo il genere
Tetragnatha. Curioso però il fatto che occupando lo stesso gruppo di ragnatele, c'erano due tipi nettamente diversi, alcuni più grandi e bicolori, altri più piccoli e di colore rossiccio. Due specie diversi? Maschio e femmina? Due stadi dello stesso ragno? Danio...????!!!!
Tipo uno:
Tipo due:
Dopo che abbiamo girato intorno la stessa roccia per un'oretta almeno, noto una piccola rana sulla roccia, mimetizzata così bene che ci è sfuggita fino a quel momento! Era talmente convinta dell'efficienza del suo mimetismo che è rimasta immobile fino quasi a farsi toccare dall'obiettivo. Anche se sembra assai diversa, sarà comunque
Rana italica?
Si fa quattro passi, si sta in silenzio, si chiacchiera, si guarda intorno. Il ruscello è un compagno seducente e difficilmente si annoia.
(Foto di Simone Ceccobelli)
Ma il tempo stringe. Un attimo per un paio di scatti alla zingara…
Poi si torna ai rumori molesti della strada e il rientro ad un'altra realtà.
(Foto di Simone Ceccobelli)